DOLO - Morì per la somministrazione di un farmaco sbagliato, il giudice dispone una perizia per accertare il danno psicologico subito dai parenti. Il caso è quello dell'imprenditore di Camponogara Decio Baldini: il 25 novembre 2019 l'uomo, allora 85enne, si presentò in ospedale a Dolo, accompagnato dalla moglie e da un figlio, lamentando una dispnea da sforzo.
La morte, come stabilito dai periti nominati dal Tribunale civile di Venezia nell'ambito di una procedura di Accertamento tecnico preventivo, fu provocata dalla somministrazione di un farmaco, la Teicoplanina, al quale l'anziano era allergico. I peritia vevano rilevato infatti che tale allergia era nota ai sanitari, ma la segnalazione era presente soltanto nella scheda infermieristica e in quella terapeutica redatte in Nefrologia, e non nella cartella del Pronto soccorso che disponeva il ricovero all'ospedale di Dolo. Per una mancata comunicazione tra personale infermieristico e quello medico, dunque, chi gli prescrisse quel farmaco non sapeva che Baldini ne fosse allergico. In questi giorni, il giudice Roberto Simone ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio sulla sofferenza dei congiunti da perdita parentale. Per capire, cioè, a quanto deve ammontare il risarcimento per la famiglia anche dal punto di vista dei danni morali. L'incarico è stato affidato al dottor Rubens De Nicola.
IL CASO DEL RISARCIMENTO
Sulla base dei risultati dell'Atp, il legale dei familiari della vittima, l'avvocato Federico Veneri, un anno fa ha quantificato in oltre un milione di euro il risarcimento spettante alla vedova e ai figli dell'imprenditore, cifra però che l'Ulss si era rifiutata di pagare. Oggi, Veneri, considerati «tutti gli elementi risarcitori», ha alzato la richiesta a un milione e mezzo. «L'Azienda sanitaria - replica l'Ulss in una nota - ha già effettuato in passato un tentativo di mediazione, offrendo una somma congrua alla famiglia. Questa offerta transattiva è stata rifiutata, poiché considerata insoddisfacente dai familiari. A fronte quindi della richiesta avanzata dalla famiglia, l'Azienda sanitaria ha deciso di proseguire in giudizio». Una cifra che si aggirerebbe intorno ai 350mila euro. Il legale della famiglia, però, nega di aver ricevuto la proposta. «Una proposta congrua sarebbe stata presa in considerazione, ma non vi è evidenza di alcuna offerta. Per questo procederemo con la causa civile per danni».